Quando lo stalking è inventato ma il reato è reale

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Guardiamo sempre attraverso le grate senza accorgerci che girando le spalle saremmo liberi

 

Oggi puntiamo i riflettori su una spiacevole vicenda giudiziaria che si è verificata perché le accuse sembra siano state gonfiate. Tuttavia il reato è reale e il soggetto non ha potuto fare appello perché è alcolista.

Avete presente la favola di Esopo “Al lupo al lupo”? In questo racconto, il pastorello diceva sempre bugie e quando si è ritrovato in una situazione di pericolo non gli ha creduto più nessuno. Non era credibile. Nella storia vera che sto per narrarvi il protagonista non è affatto un mentitore ma si è messo la zappa ai piedi con le sue stesse mani per una storia di abuso di alcool e cannabinoidi che si è perpetuata nel tempo cagionando la perdita di una buona reputazione e di credibilità, appunto.

Le sue dipendenze sono causa e insieme effetto di un disturbo di regolazione e controllo degli impulsi, con esplosioni di rabbia frequenti e tendenza all’isolamento sociale. Non sono stati riscontrati disturbi da comportamento dirompente con comportamenti che hanno violato i diritti degli altri (per es., aggressione, distruzione della proprietà) e/o che hanno messo l’individuo in contrasto significativo con norme sociali o figure che rappresentano l’autorità. Le cause sottostanti ai problemi di dipendenza e di regolazione emotiva non hanno mai avuto a che vedere con la categoria diagnostica che comprende il disturbo oppositivo-provocatorio, il disturbo esplosivo intermittente, il disturbo antisociale di personalità (DSM-V). Il pattern problematico di uso di alcol ha portato un disagio e una compromissione clinicamente significativa in tutte le aree di funzionamento individuale. Il soggetto passava una gran parte del suo tempo a procurarsi alcol, usarlo e recuperare i suoi effetti a causa del craving ovvero del forte desiderio o spinta a farne uso. Nonostante il fallimento nell’adempimento dei principali obblighi di ruolo sul lavoro, i problemi interpersonali causati ed esacerbati dal fatto di essere sempre ubriaco, il fatto di essere stato ricoverato più volte per ricevere cure adeguate, il soggetto non riusciva a smettere di bere fino a quel giorno che si rivelò essere la sua fortuna, per certi versi, quando fu accusato di stalking da parte della sorella. S., infatti, non bevve più un goccio da allora. Vediamo perché e, soprattutto, se si può parlare di stalking o meno.

Sul verbale di arresto operato nei suoi confronti risulta che la signora segnalava alle autorità una persona molesta che citofonava insistentemente al campanello dell’abitazione della richiedente. Giunti repentinamente sul posto, i carabinieri trovarono l’uomo all’interno dell’abitazione mentre urlava: “Pezzo di merda, mi devi aprire quando ti busso!” e contemporaneamente la donna chiedeva aiuto. In presenza di un testimone, un’amica della vittima, la donna sembra sia stata violentemente strattonata. A dire della signora era vittima di continue vessazioni e minacce di morte da circa una settimana che la chiamava continuamente e si appostava sotto la sua abitazione.
A dire di lui sono stati “solo” 3 giorni in cui la cercava perché la madre non rispondeva al telefono né al campanello. Non è mai stato accusato di episodi simili. Con le sue fidanzate aveva, a detta sua, esplosioni di ira e gelosia ma non aveva mai alzato le mani. Per lui si tratta di una invenzione, una esagerazione. Voleva soltanto sapere dove si trovava sua madre, la cui scomparsa in quei giorni è rimasta avvolta nel mistero fino alla sua apparizione. Perché la sorella non gli rispondeva? Perché non rispondeva alla sua domanda di aiuto? Aveva, forse, bisogno di soldi? E se avesse avuto bisogno di soldi per procurarsi del cibo? Perché non rispondere semplicemente con delle ragioni plausibili circa l’assenza della madre?

La sentenza di reato non fa in alcun modo riferimento al delitto che viene consumato regolarmente in tante case: l’incapacità di ascoltare. L’individuo in questione, come anche riportano gli atti, è molto educato, conciliante, collaborativo, a modo, paziente, puntuale. Per essere arrivato a quei livelli di esagitazione doveva essere saturo, arrabbiato con se stesso e con chi non lo voleva neanche stare a sentire. Quelle parole profferite ad alta voce “Tu mi devi fare entrare quando busso!”, per me vanno lette come il desiderio di essere rispettato, a prescindere dal fatto che era un alcolizzato. Anche un drogato è una persona con dei diritti. Con questo non voglio giustificare o minimizzare in alcun modo i suoi comportamenti distonici e disfunzionali ma cosa sarebbe cambiato se fosse stato accolto con umanità?

Se non hai orecchie per ascoltare, almeno hai gli occhi per guardare. Io sono un essere umano come te. Le cose, per me, non sono facili ma se non mi rispetti diventano più difficili.

Cosa si intende per stalking?

In breve, con il termine stalking si intende un insieme di comportamenti mediante i quali una persona (lo stalker) importuna un altro individuo (la vittima) con continue e indesiderate intrusioni, verbali e non verbali, tali da provocargli un permanente stato di “allarme”. Nonostante siano state promulgate numerose leggi antistalking, tale fenomeno rimane ancora oggi un crimine sottovalutato e difficilmente dimostrabile. In Italia, rispetto ad altri Stati, sino ai primi mesi del 2009 non esisteva una legislazione specifica in merito ai casi di molestie sessuali (stalking) se non nei casi di molestie o disturbi alle persone, previsti dall’art. 660 del Codice Penale (Libro Terzo – Titolo I, Delle contravvenzioni di polizia). Infatti, il decreto-legge n. 11 del 23 febbraio 2009 recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori, è stato convertito in Legge il 23 aprile del 2009. In sintesi, lo stalker è un molestatore assillante e intenzionale che mette in atto comportamenti ripetuti, intrusivi e controllanti a danno di una vittima da cui è ossessionato. Nei casi gravi tale condotta può sfociare nella violenza fisica e sessuale, omicidio compreso (B. C. Gargiullo e R. Damiani).

Quando si può parlare di stalking?

Una semplice condotta molesta non può bastare affinché si possa parlare di stalking. Integrano il delitto di stalking anche due soli episodi di minacce o di molestia, se abbiano indotto un perdurante stato di ansia o di paura nella vittima, che si sia vista costretta a modificare le proprie abitudini di vita (in www.poliziamunicipale.comune.verona.it ).

Come difendersi da una falsa accusa di stalking?

È possibile discolparsi attraverso delle indagini difensive l’investigatore privato punterà sulla contestualizzazione delle prove presentate dall’accusa: foto scattate presso i luoghi che la presunta vittima frequenta; screenshot di messaggi; registrazioni di chiamate. Per difendersi da ogni falsa accusa ci sono vari rimedi: si può immediatamente presentare una calunnia, quella che si chiama defrayel (in petrolainvestigazioni.com). In questo caso, però, il soggetto è stato disarmato dal suo avvocato in quanto alcolista. Non ha potuto presentare alcuna protesta per l’accusa ricevuta.

E se uno non si può permettere un investigatore? Una causa giudiziale? Un processo?

Mi viene in mente la celeberrima opera di Plauto, l’Aulularia, una commedia esilarante che vede il protagonista vittima della sua avidità e dei suoi sospetti tanto da interpretare male i gesti e le parole di tutti. Si generano una serie di equivoci e fraintendimenti che fanno credere al povero mercante che qualcuno ha scoperto il suo tesoro e glielo vuole rubare mentre non si parlava della pentola ma della figlia, ancora nubile. Inizia perciò un discorso equivoco e comico. Il tutto è giocato sull’utilizzo del pronome personale femminile, il quale indica per uno (Euclione) la pentola, per l’altro (Liconide) la fanciulla.

Ricordo che, quando la lessi, cominciai a usare i nomi dei personaggi, Strobilo, Antrace e Congrione per evitare di dire parolacce, vista la somiglianza con certe blasfemie.

In questo caso gli strobili, gli antraci e i congrioni non mancano ma c’è poco da ridere!

Per me, tutti gli attori in causa hanno peccato di… primitivismo!

Laura Valenti
Author: Laura Valenti

Laura Valenti è Psicologa clinica, Scrittrice, Aforista, Artista e Ghost writer e/o correttrice bozze. Ha collaborato con diverse testate giornalistiche tra cui “Diritti negati” e “La Repubblica”. Cura la rubrica “Liberi Nobili” nel quotidiano online “IlSicilia.it”. Con l’Armando Editore (2007) ha pubblicato il volumetto Per un mondo a misura di adulto e bambino, cui è seguito Come me ( 2008). Entrambi sono patrocinati dall’UNICEF. Nello stesso anno è uscito il romanzo psicologico Ziza (ed. in proprio). Questi ultimi volumi sono i primi di una collana dal titolo Questo non si dice e quello non si fa. Dal 1997 si occupa di Ghost Writing trascrivendo convegni e redigendo per altri articoli, relazioni, discorsi, biografie, libri di medicina, architettura, etc.. È esperta di tecniche di rilassamento mentale (WILDE SYSTEM) e potenziamento cognitivo-affettivo-relazionale con l’ausilio di test psicometrici. Ogni tanto si diletta a creare abiti, scarpe e oggetti/mobili di arredo per la casa e l'ufficio.

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